Giusto di Ravensburg
Cristo mostra la ferita del costato tra Sant’Ambrogio e Sant’Agostino
1445-1450 circa, olio su tavola, cm 161x141
Bressanone, Museo Diocesano
Attribuita al pittore tedesco Giusto di Ravensburg (vissuto tra il secondo decennio e la fine del ‘400), meglio conosciuto in area tedesca come Jos Ammann von Ravensburg e in Italia come Giusto d’Alemanna, questa preziosa pala d’altare è stata presente nella chiesetta di Sant’Ambrogio dalla metà del ‘400 fino al 1925.
La datazione di realizzazione della pala è fissata tra il 1445 e il 1450, periodo in cui Giusto risultava attivo a Milano presso la Corte dell’ultimo duca Visconti, Filippo Maria. Migra a Genova tra il 1451 e 1452 e nel 1453 rientra a Ravensburg per la morte del padre.
L’opera rappresenta al centro Cristo che mostra la ferita del costato, con il mantello rosso sorretto da due angeli secondo l’iconografia del Giudice ultimo, e in alto Dio Padre affiancato dalla colomba dello Spirito Santo quale esplicito rimando alla Trinità. Il sole raggiante (la cosiddetta “Raza”), in cui è inserita la colomba, è il simbolo araldico dei Visconti che supporta la provenienza milanese della pala. Ai lati i due santi Ambrogio e Agostino in posa graziata e contemplativa. In particolare è da notare il gesto della mano del giovane sant’Agostino che mostra il suo cuore trafitto quale espressione di gioia nell’amare Dio, ma che crea nella composizione una relazione spaziale col Cristo.
Nella parte alta della tavola, in corrispondenza dei due vescovi, compaiono figure di santi a mezzobusto racchiusi in nicchie e riconoscibili dai loro attributi: Tommaso, Giovanni Evangelista, Pietro e Paolo.
In quest’opera elegante si manifesta il linguaggio tardo gotico di Giusto, che ha le fondamenta nel gotico internazionale, ben marcato negli elementi architettonici archiacuti, nella prevalenza di utilizzo dei colori oro e rosso, nonché dalle figure slanciate e dalla ricchezza dei particolari decorativi di gusto fiammingo. Ma al contempo si fa avanti l’influenza tutta italiana per la definizione dello spazio e della profondità ottenuta dalla struttura architettonica impostata come una teletta teatrale, e dal corpo “materico" del Cristo con una connotazione realistica.
Oggi la tavola è conservata presso il Museo Diocesano di Bressanone, mentre nella chiesetta è collocata una copia realizzata dall’artista Antonio Teruzzi.